Da tempo immemorabile, in tutto il Varesotto l’ultimo giovedì di Gennaio viene bruciata la Gioeubia: la vecchia strega strega
Zobia, zobiana. gioeubia, giobbia, gioebia, giobbiana, giubbiana, gibiana nella tradizione popolare è sempre stato sinonimo di strega: la strega dell’inverno. E l’inverno, alla fine di Gennaio, a quei tempi, stava ormai andandosene. L’Epifania, si era portata via tutte le feste, i mercanti della neve (Mauro, Marcello e Antonio) erano passati e San Sebastian el gà la viola in man (San Sebastiano ha la viola in mano). I contadini avevano portato a benedire sul sagrato della chiesa i propri animali, le giornate cominciavano ad allungarsi, gli arnesi erano ormai pronti: non restava che bruciare la vecchia per uscire definitivamente dall’inverno. L’ultimo giovedì del mese, uomini e bambini costruivano con paglia e stracci un fantoccio, la strega, e lo portavano nella piazza del paese, a suon di campanacci, per tener lontana la vecchiaccia. Non si sa mai…
All’imbrunire, la strega veniva bruciata tra canti e balli. Girare tre volte attorno al falò portava bene. Scomparso tra le fiamme il fantoccio, si tornava a casa e in compagnia di amici e parenti si gustava l’abbondante cena a base di riso e luganega preparata per l’occasione dalle donne.
Straordinariamente, questa tradizione è ancora viva e sentita. Il cerimoniale è rimasto lo stesso. Non c’è più un solo fantoccio per l’intero paese, ma tante Gioeubie disseminate per la città: nei cortili delle scuole, nelle piazze di ogni rione, nei cortili degli oratori. Alle 19 scocca l’ora fatidica: il falò viene acceso. L’inverno e tutti i mali, gli errori, le colpe dell’annata passata vengono bruciati. Se il fuoco sale scoppiettando diritto verso il cielo, la stagione futura sarà felice e propizia.
Se il tempo lo permette, tutti in compagnia si mangia un piatto di risotto con luganega. Se fa troppo freddo, si beve del vin brulé e poi di corsa a casa, dove sicuramente si mangerà risotto giallo con salsiccia